L’Italia è uno strano paese. Non tanto perché, seppure con ritardo, la sua economia sta uscendo dalla crisi e, secondo l’Ocse, è a un punto di svolta.
Non solo perché la penisola sta sperimentando una nuova fase delle relazioni industriali che, al netto della Fiat, ha portato le parti sociali (ovvero industriali e sindacati) a chiedere condivise politiche fiscali e industriali volte ad agevolare la ripresa. Così da puntellare un esecutivo che sta governando malgrado l’instabilità politica legata alle ricorrenti minacce di chi vuole staccare la spina.
E forse neppure perché il governo Letta, primo ormai da tempo immemore, invece di voler dividere il fronte produttivo si pone come «interlocutore attento» dei sottoscrittori del patto di Genova.
L’Italia è uno strano paese perchè, oltre a tutto ciò, nel momento in cui una vagonata di miliardi si sta riversando e si riverserà sull’economia nazionale con stimoli sufficienti ad agganciare la ripresa internazionale, consentendo forse al governo di poter gestire un orizzonte di lungo respiro con una certa tranquillità, c’è chi preferisce rivolgere lo sguardo al passato piuttosto che al futuro. Privilegiando l’interesse di pochi (sarebbe sbagliato pensare a uno solo) a danno di molti.
I numeri al riguardo parlano chiaro: grazie al cosiddetto decreto sbloccadebiti il Tesoro ha messo a disposizione degli enti pubblici debitori 17,9 miliardi di euro pari al 90% del pacchetto da 20 miliardi stanziati e con il decreto Imu ha autorizzato il pagamento di altri 7,2miliardi di euro. Nonostante la trasmissione all’economia reale sia lenta visto che al 4 settembre gli enti pubblici debitori hanno pagato ai propri creditori appena 7,2 miliardi pari al 36% dell’importo stanziato, in questi giorni altri 4,2 miliardi messi a disposizione delle Regioni per il comparto sanitario raggiungeranno i creditori.
I tecnici dell’Economia spiegano che rispetto al precedente monitoraggio del 6 agosto, c’è stato un incremento di 2,2 miliardi nei pagamenti. Inoltre è stato effettuato il pagamento da parte di province e comuni di debiti per un importo pari all’87% delle anticipazioni di cassa fornite dalla Cassa Depositi e Prestiti agli enti locali pari a 1,3 miliardi di euro.
Certo si potrebbe obiettare che è ancora poca cosa rispetto all’ammontare complessivo dei debiti della Pa pari a 100 miliardi di euro, eppure non c’è dubbio che si tratta di un consistente flusso di denaro che, se unito a una legge di stabilità in grado di recepire misure orientate alla crescita a partire da quelle indicate dai sindacati, consentirebbe all’Italia di agganciare la ripresa internazionale.
Ma… perchè un ma c’è e, per una volta non riguarda solo le coperture che pure con una spending review selettiva come quella impostata dal ministro Saccomanni possono anche essere trovate. Il ma riguarda chi, contro l’interesse generale, guarda al particolare. Per Matteo Colannino, responsabile economia Pd, «sbandare ora sarebbe un azzardo morale».
@raffacascioli